Le ultime parole

– Alzati! – gli dissero, – è il tuo turno. – 
Victor chiuse il rubinetto, si asciugò la faccia e li seguì. Loro avevano una giacca pesante e la testa bassa. 
– Non avete caldo? – chiese, ma senza risposta. 
Il corridoio era lungo e stretto, con otto finestre per lato. Gli venne in mente che non aveva raccolto l’asciugamano da terra. Una mosca attirò l’attenzione di Victor: continuava a sbattere contro la finestra. Chissà quante volte lui aveva sbattuto contro le stesse cose senza rendersene conto. 
– Ci sarà sicuramente Claudia di là. – E infatti c’era. 
Loro fecero sedere Victor, gli legarono polsi e caviglie e si allontanarono dalla sedia. Victor intanto guardava il soffitto: c’era una crepa che assomigliava ad un disegno di sua figlia, che strano. Claudia aveva le lacrime, scuoteva la testa come a dire no, ma loro, le guardie, non la videro. Il dottore prese in mano la siringa, batté due volte sulla plastica e fece uscire un po’ di gocce di liquido. – Siamo pronti! – 
Victor sospirò un “mi dispiace”. Un infermiere gli mise il laccio emostatico, il dottore fece tre tentativi per cercare la vena. 
Il Pentothal entrò in circolo, la vista di Victor si fece sfuocata e il dottore mise in atto la seconda fase della procedura. Ora il Pavulon stava rilassando i muscoli di Victor, poi paralizzò il diaframma e infine arrivò l’arresto cardiaco provocato dal cloruro. 
Il cuore continuò a battere per qualche minuto, ma “è normale” disse il medico. 

La signora Lamentini

C’era una volta la signorina Lamentini. Severa Lamentini, se vogliamo dirla tutta. La signorina Lamentini faceva sempre i suoi capricci, una, dieci, mille volte al giorno: ogni secondo lei sapeva come lamentarsi e lo sapeva fare benissimo!
“Questo tè è troppo caldo, imbevibile!” Diceva al marito, poco prima di dire “ma da freddo non sa da niente”. Sì, avete capito bene, la signorina lamentini aveva accanto un marito. Lui poteva passare tutto il giorno  con la sua amata, pranzare con una bistecca troppo al sangue e del riso senza sale, poteva guardare film con attori tremendi e doppiatori che lo facevano assomigliare ad una soap opera argentina, poteva addirittura coricarsi la sera accanto a lei e alle sue mille amiche pettegole e con la facciatosta di rispondere questo o quello o quell’altro ancora. 
Severa e il marito avevano anche tre figli. Sì, c’era Fabio che però aveva quella moglie così antipatica che era solo una gioia che trascorressero il natale con i parenti di lei, anche se Fabio una volta potrebbe anche venire da mamma. Claudio, quello di mezzo, forse era il più sano dei tre, sì va beh ma era anche il più insulso; infine, c’era Carlotta, pagarla oro a trovarsi un brav’uomo, ma d’altro canto potrebbe anche darsi una svegliata e trovarsi un bel lavoro. 
Il marito sedeva fronte a lei, la guardava e assisteva ad ogni suo sproloquio, senza dire una parola, ma rispondendo anche l’impensabile con gli occhi. Erano già passate cinquanta primavere di capricci e brontolii e gli sposi se ne auguravano altrettante a venire, ancora con il brillio di due novelli sposi.  
Giorno dopo giorno, un lamento dopo l’altro, il signor Sordorecchi guardava Severa negli occhi e sapeva che mai avrebbe amato così tanto in vita.

Persone


C’era una volta una margherita in un campo di margherite. La distesa di verde si prolungava finché l’occhio aveva la forza di seguirla e, di tanto in tanto, delle macchie bianche spuntavano fiere e impeccabili. Una di loro, margherita delle margherite, si alzava più in alto rispetto alle altre e riusciva a vedere prima i giorni di tempesta e quelli di sole. Un’altra, più incurvata, sapeva riconoscere la sagoma di una formica a chilometri di distanza e conosceva bene le radici del bene e del male. C’era poi un’altra margherita con delle striature rosa che rideva della monotonia delle altre, un po’ invidiosa e un po’ anticonformista. La margherita più bassa, conosceva le ombre che le margherite più alte lasciavano cadere le une sulle altre. Infinite margherite, infinite forme e infiniti destini. Ogni margherita era una margherita come tutte le altre, e, come loro, splendida.